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Si adagia l'ostello sull'altopiano del Carso, a ridosso del bosco di pini neri che lo cinge ad occidente e in vista della rocca di Monrupino e del monte Nanos, da dove s'alza il primo sole: oggi è un appezzamento tra tanti che sono stati attrezzati e costruiti lì attorno, ma i primi edifici sono sorti sulla landa carsica, spoglia e battuta dalla bora invernale, attraversata solo dalla strada che da Sistiana, sul mare, raggiunge Opicina e quindi scende a Trieste, fino al primo '900 la sola via di comunicazione tra la città - ancora austriaca - e l'Italia.

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Ma le costruzioni che oggi ospitano l'ostello non sono sorte con intenti così pacifici: risalgono al 1945 quando, appena liberate queste terre dall'occupazione nazista, le truppe anglo-americane prevedevano una lunga permanenza per vigilare sul vicino confine della Iugoslavia, alleata dell'Unione Sovietica e desiderosa di appropriarsi di tutti i territori abitati dai popoli slavi. Così gli alleati trovarono strategico stabilire in questo luogo deserto una base a sorveglianza della strada, ma anche per alloggiare i militari di carriera e le loro famiglie. Sorsero quindi il corpo di guardia, tante casette a schiera, una struttura centrale con gli ambienti di soggiorno e di mensa, le cappelle cattolica e anglicana per le truppe britanniche.

Ma questa sistemazione non durò a lungo: nel 1947 il trattato di pace chiuse definitivamente la questione della frontiera e le truppe furono ridotte, lasciando libero tutto il campo. Le abitazioni, ancora in piena efficienza, s'impiegarono allora per alloggiare coloro che abbandonavano le terre italiane occupate dagli iugoslavi: i profughi dall'Istria, da Fiume, dalla Dalmazia, luoghi veneti da secoli, ceduti giocoforza ai vincitori per compensarli dell'invasione fascista del 1940.​

Ogni casetta fu occupata da una famiglia, circa trecento persone in tutto il campo, che si trasformò in un villaggio in cui ciascuno cercò di ricostruire la propria vita, coltivando l'orto e piantando le viti e gli alberi da frutta. Il corpo centrale divenne scuola elementare e presidio medico, dove anche nacquero molti bambini, e alcuni di essi li ritrovammo poi nei nostri reparti scout.

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Fino al 1983 il campo servì da precario ricovero degli esuli, ma frattanto erano state costruite abitazioni civili e definitive, nelle quali si erano man mano trasferite la maggior parte delle famiglie.

Quell'anno si teneva a Trieste il raduno nazionale degli Alpini, e bisognava trovare alloggio per 100.000 visitatori; il nostro capo reparto Lucio Merzek, medico che aveva operato nel campo, ritenne che gli scout avrebbero potuto dare una mano riattando gli alloggi abbandonati: in breve arrivarono i letti dismessi dagli ospedali e si realizzarono un'ottantina di posti. Partiti gli alpini, il campo rimase in temporanea gestione dell'AMIS e divenne la meta dei campi di fine settimana e dei raduni collettivi.

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L'impegno caparbio di molti soci nel lavoro manuale migliorò notevolmente lo stato degli edifici, l'impegno amministrativo fece sì che furono rintuzzate le mire speculative di altri enti e l'AMIS ottenne l'assegnazione definitiva del campo da parte della Regione e del Comune di Trieste. Gli edifici più degradati vennero abbattuti, il terreno venne abbellito dall'impianto degli abeti natalizi portati dai cittadini. Nel 2001 il sindaco Riccardo Illy, ricordando il suo passato scout e apprezzando l'impegno dimostrato dall'AMIS, stipulò col vicino comune di Sesana, in Slovenia, un accordo per utilizzare i fondi europei per lo sviluppo transfrontaliero al fine di ristrutturare completamente il campo e dedicarlo al soggiorno di tutti i giovani e degli scout in particolare.

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Questa è la storia, non solo scout, di un villaggio nato nel buio della guerra e portato dalla tenacia degli scout ad essere un luminoso luogo di gioia e di concordia in una terra dal passato doloroso e tragico. All'ingresso dell'ostello, una targa in legno di quercia ricorda queste vicende:  

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QUESTI EDIFICI, SORTI COME CAMPO MILITARE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE, PER QUARANT'ANNI RIFUGIO DEGLI ESULI DA VENEZIA GIULIA E DALMAZIA, SALVATI DAL DEGRADO DALL'OPERA DEGLI SCOUT DELL'AMIS, RISTRUTTURATI DAI COMUNI DI TRIESTE E DI SESANA COL CONTRIBUTO DELL'UNIONE EUROPEA, OFFRONO AI GIOVANI DELL'EUROPA E DEL MONDO GIORNI DI GIOIA, DI CONCORDIA E DI PACE.

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